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In quel periodo dormivo poco: spesso mi addormentavo tardi e mi svegliavo molto presto, quando fuori di solito era ancora buio.
Tutto era silenzioso: di tanto in tanto sentivo il frullo di un uccello, raramente più di uno.
Il vento, che soffiava quasi sempre nella valle, agitava le fronde dei grandi alberi che spesso e volentieri urtavano il tetto della casa.
Normalmente passava una macchina nella strada, di solito alla stessa ora, e poi voltava verso il paese. Tempo dopo scoprii che era Elia, un medico che sovente faceva il turno di notte in ospedale. A quel tempo non avrei mai pensato che saremmo diventati grandi amici.
Il sole lentamente si alzava dietro i monti, qualche volta più sbiadito dalle nubi e le cose finalmente prendevano colore. Ogni giorno facevo colazione davanti alla finestra: quasi mai chiudevo le tende, lo facevo per lo più quando c’era nebbia.
A volte quando pioveva trovavo bello vedere le gocce d’acqua colpire i vetri.